Vive la liberté!

Elezioni regionali (1)


Tra poco più di un mese, l’Emilia-Romagna è chiamata alle urne per scegliere il governo della Regione. La legge elettorale maggioritaria non consente grandi possibilità di differenziarsi e obbliga gli apparentamenti in coalizioni, che possono risultare così eterogenee. E, però, le coalizioni dovrebbero avere una certa unitarietà di fondo, lungo linee condivise, che ne giustifichi l’esistenza.

La coalizione uscente, che ha governato la Regione negli ultimi (quasi) 5 anni, si ripresenta, con qualche difficoltà. Come si giudica il governo di una Regione? Di questo avremo modo di parlare più in dettaglio, perché voglio qui solo commentare le manovre di questi ultimi giorni.

Il Pd ha scelto un candidato che ha già esperienza amministrativa – è sindaco di Ravenna – che sta cercando di rimettere insieme la coalizione che era stata guidata da Bonaccini. La sua piattaforma, al di là delle inevitabili esagerazioni propagandistiche, non pare discostarsi di molto dal modello di governo sperimentato nell’ultimo decennio, con i necessari ammiccamenti ecologisti e solidaristici che piacciono a sinistra e le confortanti rassicurazioni sviluppiste e aziendalistiche ai “ceti produttivi” e al mondo imprenditoriale.

Sinistra Italiana e Verdi hanno già risposto “sì” all’appello, come ha fatto il partitino di Renzi, mentre dal M5S stanno arrivando segnali di rottura, più dovuti alle antipatie idiosincratiche del suo leader che a differenze sui contenuti.

Eppure, questa potrebbe essere un’occasione per i 5 Stelle – ora che in Europa si è apparentato con The Left – di sfidare davvero il Pd sul terreno progressista che questo dice di presidiare. Perché, al di là della retorica del modello di governo emiliano, sono vari i grandi temi sui quali il Pd meriterebbe sonori “ceffoni” elettorali: da quello della sanità a quello dell’ambiente, della gestione del territorio, dei trasporti e delle infrastrutture.

I Verdi, a loro volta, avrebbero più di una ragione per puntare i piedi, se fossero davvero quella formazione politica che ha a cuore una seria politica dell’ambiente e del territorio. Sinistra Italiana, invece, ha scelto di continuare a perseguire il ruolo di “ala sinistra” della coalizione, finendo però così di avallare tutte le politiche, ivi incluse quelle che più contraddicono quello stesso ruolo. Anche Coalizione Civica, che a Bologna è partner importante della giunta, si sta muovendo nella stessa logica, sperando così di «far virare a sinistra» il Pd, con quali risultati non si sa.

Tutti, però, dovranno preoccuparsi di portare l’elettorato a votare.

Dieci anni fa, Bonaccini fu eletto con il 49% dei voti (615.723) e la sua coalizione ottenne 32 seggi, quando l’affluenza fu del 37,7%, un calo spaventoso del 30,3% rispetto al turno precedente. I 5 Stelle presero il 13,3% (167mila voti e 5 seggi). Pur con un’affluenza così bassa, Elisabetta Gualmini, che sarà poi vice-presidente, ebbe a dire che «così funziona la democrazia» e la pratica fu archiviata. Nessuna riflessione sul calo dei votanti.

Il 26 gennaio 2020 Bonaccini fu eletto con il 51,4% dei voti (1.195.819), ottenendo 750mila voti e 29 seggi, mentre alla destra andarono poco più di un milione di voti e 19 seggi (il 43,6% delle preferenze) e i 5 Stelle ne ottennero appena due (con 102.595 voti, contro gli 80mila del loro candidato presidente). Le tre liste a sinistra ottennero, separate, 23mila voti e nessun seggio. L’affluenza, grazie alla «chiamata alle armi» delle “sardine” contro la minaccia Salvini, risalì al 67,7%. Il Pd ebbe così 22 seggi, la lista di Elly Schlein Emilia-Romagna Coraggiosa Ecologista e Progressista, alleata di Bonaccini, ottenne 81.419 voti e due seggi, i Verdi un seggio, la lista Bonaccini Presidente (con il candidato di Italia viva) tre seggi (i voti al Pd e alla lista Bonaccini furono 874mila).

La coalizione di centro-sinistra, in realtà, appare questa volta più debole e con meno spinta del 2020, quando la novità rappresentata da Elly Schlein riuscì a far convergere una buona fetta di elettorato di sinistra sulla coalizione. Alle ultime elezioni europee, quando votò il 59% degli aventi diritto, il Pd ha ottenuto appena 716.539 voti (36,1%), il M5S 142.283 (il 7,2%), AVS 129.576 (il 6,5%), Azione 63mila (3,2%) e IV con +Europa 59mila (3%). La destra prese, invece, quasi 806mila voti (il 40,6%), mentre Pace, Terra, Dignità ne prese 46mila (2,3%).

Nonostante il buon risultato alle europee, anche se inferiore a quello del 2020, nel centro-sinistra nessuno sembra portare alcun vento nuovo e sono tutti spaventati che – dopo la delusione provata per l’esperienza di Schlein al governo della Regione e in conseguenza delle alluvioni – l’elettorato scelga di nuovo di non recarsi alle urne. La destra non pare avere né un programma né candidati credibili per un’alternativa seria. E l’astensione sembra l’unica alternativa a un sistema che appare congelato.

Il M5S avrebbe avuto, questa volta, la possibilità di fare la differenza, se solo avesse portato avanti una piattaforma ambientalista credibile, convincendo Verdi e Sinistra italiana a far squadra. Al di là delle antipatie personali tra Conte e Renzi, infatti, ciò che appare dirimente è l’incapacità del Pd di rompere con certe logiche, pratiche e politiche, che il “pungolo” di SI e Verdi non scalfiranno di un millimetro.

Stupisce che dopo la campagna “pubblicitaria” attira-voti fatta da AVS alle europee non sia stato perseguito lo stesso criterio, che i 5 Stelle avrebbero potuto assecondare, quanto meno candidando personalità credibili con un messaggio alternativo. Il centro-sinistra avrebbe potuto comunque vincere, ma con il minimo distacco (diciamo il 43%, con 27 seggi), contro una destra al 40% (e 13 seggi) e una sinistra al 17%, con 10 seggi, raccogliendo anche gli orfani di PTD che non opteranno per la micro-lista di PRC, Potere al Popolo e PCI. Ma da quello zoccolo, la sinistra avrebbe avuto ben altra voce che non la flebile possibilità che avrà nella situazione che emergerà, con quei 5 seggi al più che riuscirà ad ottenere nella configurazione attuale delle alleanze. Contenti loro, scontenti noi.

Partiti maggioritari nei singoli comuni nelle elezioni regionali del 2020 in Emilia-Romagna

Candidati vincitori nei singoli comuni nelle elezioni regionali del 2020 in Emilia-Romagna


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