Vive la liberté!

Ma cos’è successo di così devastante a Stalingrado?!


3 febbraio 2023

Così cantava Francesco Di Giacomo del banco del Mutuo Soccorso in quel brano possente che fu “Dopo… niente è più lo stesso”, dall’album “Io sono nato libero” (riascoltiamola e leggiamone il testo):

“Cosa ho vinto, dov’è che ho vinto quando io ora so che sono morto dentro tra le mie rovine”.

La Battaglia di Stalingrado fu una delle battaglie fondamentali della Seconda guerra mondiale. Durò più di sei mesi, quando sembrava che nulla potesse fermare l’esercito tedesco. E, invece, tanto l’Armata Rossa quanto i partigiani e la popolazione russa resistettero, fino a far volgere a loro favore l’esito dello scontro.

Da parte russa vi furono circa un milione di morti e 650mila feriti. Da parte tedesca, forse 500mila caduti. Dei circa 100mila soldati tedeschi caduti in prigionia ne sopravvissero solo 6.000. Una tragedia immane. L’esito di questa battaglia determinò una svolta nelle vicende della Seconda Guerra Mondiale, in quanto fu l’inizio delle sconfitte militari tedesche sul fronte russo che si concluderanno con la Battaglia di Berlino due anni dopo.

Nel quadro bellico complessivo, poi, Stalingrado fu, con El Alamein e Midway il “giro di boa” della guerra che sino ad allora aveva visto prevalere le forze dei paesi dell’Asse.

Le condizioni climatiche in cui si svolse e l’elevato numero di morti da entrambe le parti e la distruzione della città fecero sì che questa battaglia divenisse un simbolo degli orrori della guerra.

L’esito della battaglia andò oltre il suo significato militare. Per le centinaia di migliaia di soldati, per le migliaia di partigiani che combattevano in Europa significò che i nazisti potevano essere sconfitti. Ma fu anche il segno della potenza e della forza morale del popolo russo. E dell’Armata Rossa. I comunisti di ogni paese ne furono rivitalizzati.

È importante oggi ricordare quell’evento e cosa significò. Perché è vero che c’era lo stalinismo, che Stalin aveva sottoscritto un accordo con Hitler, per la non belligeranza e la spartizione dell’Europa dell’Est (provocando non poche fratture tra i comunisti in Europa). Ma il dittatore tedesco se l’era rimangiato e Stalin, giustamente, si era poi alleato con gli Inglesi (e poi gli Americani). E l’URSS era stato l’unico paese ad appoggiare apertamente i repubblicani in Spagna contro i golpisti di Franco (mentre gli altri paesi europei, ignavi, non si erano pronunciati). Ma era anche vero che Stalin aveva pian piano fatto eliminare tutti i suoi oppositori, nel partito, nell’apparato, nel paese, Bucharin , Trotzky e gli altri. E aveva fatto internare centinaia di migliaia di persone nei gulag: intellettuali, scrittori, gente comune.

Ma l’URSS rappresentava la vittoria del proletariato sul capitalismo oppressore ed era il faro per tutto il movimento operaio, socialisti e comunisti. È difficile distinguere il loglio dal grano, non è tutto bianco o tutto nero. Oggi va compreso che quella vittoria fu una vittoria militare e una vittoria di popolo, di uomini e di donne, soffertissima. E i partigiani, i simpatizzanti di tutta Europa vi guardarono con orgoglio. Senza quella vittoria, senza l’Armata Rossa, il nazismo non sarebbe stato sconfitto e il fascismo l’avrebbe fatta franca in Italia. Non dimentichiamolo, non rimuoviamone il significato. Perché se non ci fosse stato il fronte orientale a indebolire la machina bellica nazista, il fronte occidentale e meridionale non avrebbe avuto l’esito che ebbe.

“Stalingrado”, degli Stormy Six, dal loro album “Un biglietto del tram” del 1975, uno degli esempi più belli di “musica politica” mai prodotto in Italia.

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