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Elezioni regionali (4)


Come si giudica un governo regionale? Per quello che ha fatto, per quello che la coalizione che ha governato diceva che avrebbe fatto e poi ha o non ha fatto.

In un post precedente ho guardato alle questioni del territorio e dell’ambiente, per le quali appare che il voto sia largamente insufficiente (tra il 4 e il 5). Voglio qui rapidamente guardare a due altri aspetti, la sanità e le condizioni di vita e di reddito.

Sulla sanità, il Pd ha fatto un gran battage, vantando uno dei migliori sistemi sanitari regionali in Italia. Se in senso relativo questo è vero, è anche vero che la sanità è stata negli ultimi anni de-finanziata, a livello nazionale (complice anche il Pd, quando era al governo) mentre, a livello regionale, è andata avanti la folle privatizzazione di molti servizi (sono cresciuti gli Enti convenzionati, con loro grande guadagno), portando al de-potenziamento della sanità pubblica, ai noti problemi legati alla limitazione delle prestazioni (le liste d’attesa). Durante la pandemia da Covid-19 (sotto la giunta Bonaccini), la nostra Regione è stata tra le più colpite, sia in senso assoluto che in rapporto alla popolazione. Forse qualcuno ricorderà che uno dei gravi problemi che fu rilevato a quel tempo fu la mancanza di una diffusa sanità territoriale, che molto avrebbe potuto fare per far fronte alla pandemia. A ciò si aggiunga il fatto che in molte località decentrate sono state eliminate strutture ospedaliere e centri di pronto-soccorso, con gravi disagi per le popolazioni locali. Il giudizio sulle politiche sanitarie, quindi, non può che essere appena sufficiente (6-).

Per quanto riguarda le condizioni di vita e di reddito, la nostra regione si caratterizza per una notevole disuguaglianza nella distribuzione. Le aree appenniniche e collinari sono tutte classificate come periferiche o ultra-periferiche, secondo la classificazione delle cosiddette aree interne, che includono anche le aree intermedie. Intermedie sono anche diversi comuni della pianura ferrarese, bolognese e modenese. Questi territori si caratterizzano per la mancanza di servizi fondamentali e la distanza dai poli urbani e peri-urbani (si veda la carta sotto) e per una maggiore prevalenza di anziani.

I dati sulla distribuzione del reddito, poi, mostrano che nei poli urbani i redditi sono notevolmente maggiori rispetto ai comuni delle aree interne (si veda il grafico sotto).

Quali politiche sono state adottate per favorire le aree interne? Dal punto di vista produttivo, è stato fatto poco, se non con interventi ad hoc, con effetti effimeri (vedi il caso Saga Coffee di Gaggio Montano). Sugli insediamenti abitativi si sono adottati criteri antiquati e totalmente inefficaci, come la concessione di agevolazioni per le coppie giovani, come se la mobilità sul territorio non dipendesse, invece, dall’offerta di attività economiche (e poi perché agevolare solo i giovani se lo scopo è favore gli insediamenti?). Sono poi valse pratiche come quelle che riguardano il recupero edilizio per immobili datati o d’epoca, che vanno ristrutturati mantenendo la struttura originaria: interventi costosi che solo persone molto facoltose si possono permettere, lasciando così all’abbandono case coloniche o vecchie deperire per non voler alterare il paesaggio (?). Quando poi si permette, anche nelle valli montane, la costruzione di orribili capannoni e insediamenti industriali e artigianali che poi vengono abbandonati come “cattedrali nel deserto”.

Ciò che più colpisce, però, è il fatto che sono i comuni delle aree interne quelli in cui la maggioranza dei voti, alle ultime elezioni regionali, è andata alla destra (nella figura vediamo i comuni dove il maggior numero dei voti è andato a Pd, Lega e E-R Coraggiosa).

Una costante che si è confermata anche delle ultime tornate elettorali (regionali, politiche, europee): la maggioranza va al centro-sinistra nei comuni dove il reddito è mediamente più alto. La sovrapposizione tra i tre grafici, in questo senso, è notevole.

Il centro-sinistra, da tempo, non riesce a intercettare il voto dei ceti meno abbienti e dove questi sono prevalenti va in minoranza. Le ultime dichiarazioni, le promesse e finanche i programmi elettorali non sembra cambieranno questa tendenza e c’è quindi da attendersi che la distribuzione territoriale del voto seguirà, anche in questa tornata, lo stesso schema.

A sinistra e nel Pd il trend non sembra allarmare. Convinti che quello che conta è il voto nei centri urbani – più ricchi – sembra quasi che abbiano rinunciato alla possibilità di raccogliere voti nelle zone periferiche (nelle zone di montagna si è visto di più Vannacci che De Pascale, mentre il Pd manda il suoi luogotenenti). Per quanto la “civica” Ugolini si sia mostrata debole ed evanescente, non è bastato fare “campagna acquisti” tra i potenziali candidati “purché fossero contro il Pd”. È stato più utile, evidentemente, imbarcare la destra becera che ci ritroviamo al governo più che darsi un profilo autenticamente civico e di governo. Come ricorda Fausto Anderlini, ben diverso fu, ad esempio, il modo di porsi di Guazzaloca, ma erano altri tempi e la stessa base Pds aveva altre estensioni (anche se i suoi dirigenti già mostravano ristrettezza di vedute).

La sinistra ha deciso di dare sostegno, ancora, alla coalizione centrata sul Pd, non allargando la sua base, non puntando i piedi sulle questioni più sentite, come quella della gestione del territorio (se non con appelli al popolo delle bici, in città). Fausto Anderlini mi dà credito quando affermo che il “partito del cemento” va criticato anche se, lui dice, le recenti alluvioni sono accadute per l’eccessivo accumulo d’acqua nei torrenti di montagna dove la causa primaria non è stata la cementificazione. È vero, ma cosa si è fatto per far fronte al degrado idro-geologico? Detto che la cementificazione in collina e pianura comunque contribuisce al cambiamento climatico, cementificare su terreni ad alta pericolosità di frana e idraulica non è certo un deterrente per il formarsi di alluvioni. Le sinistre, in queste elezioni, avevano un’occasione unica di fare un polo alternativo, che avrebbe raggiunto una buona percentuale e un certo numero di seggi, facendo comunque vincere il Pd a fronte di una destra poco incisiva e credibile. Il Pd sa che senza la sinistra non vincerebbe. Eppure, questa non mette bocca, non “vende cara la pelle” dell’alleanza, quando avrebbe la possibilità di far sentire davvero la sua voce. Ha preferito unirsi in coalizione senza profferire verbo, rinunciando ad aprirsi a quei residui di sinistra “radicale” che si ritroveranno a portare la loro testimonianza in una lista a parte, continuando a far da stampella ad un partito che sulle questioni fondamentali non pare aver in nulla deviato il corso perdente della sua traiettoria. I ceti medi e medio-alti lo voteranno “per non far vincere le destre”, i ceti medio-bassi e bassi guarderanno altrove o resteranno a casa, e tutto continuerà come prima. In attesa di tempi e politici migliori.


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