Dopo le elezioni regionali in Liguria si può ragionare su cosa va configurandosi per la prossima tornata in Emilia-Romagna.
Nicola Fratoianni, in un’intervista oggi sul manifesto, afferma che si riparte da una sconfitta, non da una debacle: «Adesso occorre lavorare perché la coalizione si dia un assetto stabile». Forte del suo 6,17%, il leader di Sinistra Italiana chiede che la coalizione di centro-sinistra lavori più unita, che si acceleri sui molti temi che la uniscono. Dimenticando quelli che, sulla carta la dividono.
Intanto, guardiamo i numeri. AVS prende 34.716 voti, 10mila voti in più dei 24.644 voti che la lista Linea Condivisa e i Verdi, separate, avevano preso nel 2020 (pari, allora, al 3,94%). Il Pd, che nel 2020 aveva ottenuto più di 124mila voti (19,89%), ne totalizza ora 160mila (28,37%), mentre la Lista del Presidente ne prende 29mila e 800 (5,3%), contro i 44mila e 700 (7,14%) di allora. Se la coalizione di centro-sinistra arriva però al 48,34% (con più di 282mila voti) e, nonostante questo, non riesce a vincere le elezioni (nel 2020 prese 266mila voti, il 38,9%), mentre la destra ne raccoglie 291mila (48,77%) quando ne aveva presi ben 383mila (il 56,13%), è perché si è allargato, di molto, il popolo dei non votanti: erano stati 716mila (un’affluenza del 53,42%), ora sono scesi a quasi 617mila (il 45,97%). La destra perde quindi 92mila voti, il centro-sinistra ne guadagna 16mila. Chi perde sono senz’altro i 5 Stelle, sempre più prossimi all’estinzione, privi di un’identità chiara, ormai fuori posto: avevano 48.722 voti (il 7,78%), ora ne prendono appena 25.656 (4,56%), cioè 23mila in meno. Il loro dissidente Nicola Morra, ne raccoglie poco più di 5mila ma è ben poca cosa. Certo, con voti andati a Morra e con quelli andati alla lista Rifondazione-PaP-PCI (5mila) il centro-sinistra avrebbe vinto di misura, ma questo è un calcolo puramente teorico.
Il popolo dell’astensione continua a crescere, dunque, segnalando una disaffezione che né il Pd né AVS riescono a frenare.
Se guardiamo all’Emilia-Romagna, tutto lascia intendere che si verificherà lo stesso smottamento. L’astensione aumenterà, spinta qui da una sfiducia crescente nella coalizione al governo che le emergenze climatiche degli ultimi due anni non hanno fatto che alimentare, complice una gestione del territorio incauta e l’immobilismo programmatico che l’ha sottesa. Se anche si ripetesse lo schema ligure, mutatis mutandis, la sinistra della coalizione, che nel 2020 aveva totalizzato più di 123mila voti (5,72%), confermerà probabilmente il risultato, mentre il Pd dovrebbe confermare quel 40,45% messo insieme allora (inclusa la lista del presidente), ma anche in Emilia-Romagna i votanti caleranno e difficilmente saranno più dei 2 milioni e 374mila del 2020 (pari a un’affluenza del 67,67%). I 5 Stelle erano allora andati da soli, raccogliendo più di 102mila voti (4,74%). Ora, in coalizione, sarà un gran risultato se arriveranno a un terzo. Nel 2020, tre liste a sinistra, correndo separate, raccolsero 26mila voti (l’1,16%). Se oggi, unite, confermassero quei voti, sarebbe per loro un gran risultato. Alle politiche del 2022, per dire, Unione Popolare prese più di 32mila voti, mentre alle Europee del giugno 2024 Pace, Terra, Dignità ne ottenne 46mila, il 2,32% (e l’affluenza fu del 59%).
Allora, i 5 Stelle presero 142mila voti, 80mila in meno delle elezioni politiche del 2022, mentre AVS – al traino dei suoi candidati “bandiera” Lucano e Salis – confermò i suoi voti, pur con un’affluenza minore, raccogliendone quasi 130mila.
In generale, si può dire che parte del voto 5 Stelle pare essere tornato all’ovile della sinistra Pd e AVS, mentre in buon parte è rifluito nell’astensione. Difficile pensare che la destra possa fare meglio delle Europee, ma anche delle politiche, e sarebbe un gran risultato se riuscisse a portare alle urne quel milione di voti che mise insieme nel 2020. Se così fosse, però, il centro-sinistra dovrà confermare il milione e 200mila voti presi nel 2020 per avere la maggioranza. Ma ciò non sarà, perché il calo dell’affluenza la penalizzerà più di quanto non farà alla destra. Scenderanno i voti validi sotto i due milioni? Riuscirà il centro-sinistra a serrare le file?
Le posizioni di Fratoianni su ricordate, i movimenti di Schlein, le schermaglie tra Conte e Renzi, i “dentro e fuori” dei renziani non promettono bene. AVS avrebbe molti motivi per dividersi dal Pd e disunire la coalizione, come li avrebbero i 5 Stelle. Fratoianni, nella sua intervista, glissa sul tema della guerra (e delle posizioni su Ucraina e Israele), puntando a fare l’ala sinistra della coalizione, senza tanti distinguo. I Verdi fanno orecchie da mercante sui temi dell’ambiente, mentre il candidato De Pascale appare avviato a confermare la dissennata linea tenuta dalla giunta Bonaccini per tutta la legislatura. La sinistra “radicale”, dopo le molte vicende scissioniste e gli sgambetti del passato, non sembra in grado di raccogliere nessun voto che non sia di pura “testimonianza”. C’erano tutte le condizioni per creare un polo alternativo al Pd, a sinistra, che poteva mettere insieme le forze di PTD, AVS e 5 Stelle delle ultime elezioni europee, per sfidare quel partito “da fuori” e raccogliendo quel voto che non vuole avere a che fare con il Pd, lasciandolo vincere in autonomia e condizionarlo poi nella legislatura. Così non si è fatto e così si va alle elezioni con l’acqua alla gola e il fiato sul collo, sperando di drenare il fiume crescente dell’astensione. Confidando che saranno i delusi di destra a dare una mano ai disillusi di sinistra.