Vive la liberté!

Parlare di pace è facile, bisogna agire per la pace


Di fronte all’immagine del soldato israeliano che si fa fotografare mentre il libri della biblioteca dell’università Al Aqsa di Gaza bruciano alle sue spalle non si può che restare esterrefatti e sgomenti. E piangere. Una delle biblioteche più antiche di Gaza, dicono, data alle fiamme perché evidentemente considerata “covo di terroristi”. Così Israele difende la “civiltà occidentale”! Un obbrobrio da cui noi “occidentali” dovremmo prendere le distanze gridando contro il governo sionista contro il quale pure tanti ebrei protestano nel mondo.

Gli aiuti umanitari vengono bloccati o impediti dalle forze israeliane. Il popolo di Gaza viene fatto morire di fame e stenti. Gli ospedali, oltre alle scuole e alle università, vengono distrutti. E ora, anche i campi profughi vengono bombardati e incendiati e non mancherà la giustificazione che lì vi si annidano terroristi. Così si compie il massacro, con le bombe e non solo con le bombe. E poi, c’è anche chi questiona quale sia il “vero” numero delle vittime, quanti siano “davvero” i bambini uccisi, le donne massacrate. Perché, se fossero “solo” 24mila, invece di 36mila, sarebbe accettabile (e potremmo infierire sulle informazioni fatte circolare dai palestinesi)… Eppure, non si deve parlare di genocidio. Quale che sia la sentenza che il Tribunale dell’Aia emetterà, questo sterminio è inaccettabile, ingiustificato.

Non ci dovrebbe essere un solo bambino ucciso, non una madre massacrata. Ma è chiaro che la logica dello sterminio ha prevalso da subito su quella della reazione ad un attacco, una reazione militare di proporzioni inimmaginabili, che mai negli ultimi 75 anni si era vista nel mondo intero.

Molte forze politiche, ora che siamo in campagna elettorale, hanno deciso di parlare di PACE. È facile dire che «siamo per la pace», chi non lo è? E, però, parlare di pace vuole anche dire non sostenere la guerra – perché non c’è guerra “giusta”, al massimo può essere “necessaria”, come lo fu quella contro il nazismo e il fascismo – e non adoperarsi per favorirla. Vuole dire agire per prevenire la guerra.

Chi oggi si dichiara per la pace non ha detto nulla quando la NATO si allargava verso est, non ha protestato perché andavamo ad alterare equilibri che nel lungo dopoguerra si erano costruiti a fatica. Non ha detto nulla quando in Ucraina un golpe, che ha aizzato una sollevazione di piazza, ha estromesso un presidente democraticamente eletto. Ha protestato perché la Russia, in reazione a quello, ha invaso e annesso la Crimea. Ha lasciato che una guerra civile scoppiasse nelle regioni del Donbass senza adoperarsi diversamente. Ha lasciato che prevalesse l’idea che l’Ucraina dovesse stare dalla parte della NATO e non della Russia. Non ha immaginato altre soluzioni, se non quelle che avrebbero portato a più conflitto, a più guerra. Chi c’era al governo in Italia tra il 2014 e il 2022? Quale dialogo ci può essere con loro? Come si può votarli?

E ora, sta forse dicendo qualcosa di fronte alla prospettiva teorizzata dallo stolto Stoltenberg che le armi NATO date all’Ucraina vadano a colpire i russi sul loro territorio? E come reagisce davanti ad un Medvedev che risponde che, allora, le loro arme potranno colpire i fornitori ucraini in Polonia?

Chi parla di pace oggi ed ha permesso tutto ciò non ha fatto e detto nulla perché avesse termine la politica di apartheid e di ingiustificata colonizzazione dei territori palestinesi. Non ha spinto perché ne venisse accolta la richiesta di autonomia, auto-determinazione. Si è accodata alla politica statunitense.

Diversi paesi si sono già dichiarati per riconoscere lo Stato di Palestina (quale che sia, ridotto com’è all’osso), che poi vorrà dire imporre a Israele che accetti la Risoluzione ONU del 1967 e ritorni dentro quei confini. Il governo italiano, ovviamente, sta dalla parte atlantista. Perché le opposizioni non protestano? Perché non dicono nulla sul pronunciamento del Tribunale Internazionale dell’Aia? Perché non si schierano a favore del boicottaggio di Israele? Perché non appoggiano le proteste degli studenti che in tutto il mondo occidentale accampano le loro tende davanti alle università?

Parlano di pace perché grande parte degli italiani sono a favore della pace, contro la guerra,e loro lo sanno e ne vogliono carpire il consenso. Ma hanno votato per il continuato invio di armi invece di premere per il negoziato, per il riarmo generalizzato (con i fondi del PNRR!) invece di spendere in istruzione, sanità e spese sociali. Elly e Giuseppi parlano di pace, ma non appaiono credibili dopo quanto è successo. Persino i loro candidati in favore della pace e contro la guerra nelle loro campagne non menzionano i loro partiti: forse che se ne vergognano? Forse perché sanno che non sarebbero credibili? (c’è persino un candidato per la pace con Calenda!)

Una sinistra che non sia per la pace, contro il riarmo, contro lo sterminio, non è sinistra. Perché a pagare il prezzo della guerra sono i popoli, le classi popolari. Una sinistra che non contrapponga la logica del negoziato, del compromesso, delle ragioni dei popoli non è sinistra. Perché la logica della forza è la logica dei padroni del vapore, del potere. Una sinistra che doveva avvertire quanto fosse pericoloso favorire la minacciosa espansione della NATO – non più strumento difensivo ma offensivo – non è sinistra. Perché difendere la logica del dominio e dell’egemonia è nei geni del neoliberismo capitalista. Una sinistra che non alza le barricate contro lo sterminio non è sinistra. Perché è logica suprematista e colonialista.

Portiamo in Europa una voce di pace, contro la guerra, contro il riarmo. Uniamo in Europa le forze e le persone dichiaratamente, chiaramente in favore della pace. Disertiamo l’Europa degli eserciti! La fortezza Europa non ci avrà al suo fianco, la nostra bandiera sarà bianca come la colomba di pace nel nostro simbolo e avrà i colori dell’arcobaleno.


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